"A cu' afferra un turco e' so'”

«A cu’ afferra un turcu è so’» è un antico detto trapanese. Il senso che l’espressione assume oggi è: chi trovasse un oggetto può appropriarsene liberamente o anche estensivamente ciascuno può fare ciò che vuole. Il significato autentico e le origini storiche si perdono nel tempo. Occorre ricordare che il termine “turco” nella Trapani del XV e XVI secolo veniva utilizzato per indicare in maniera dispregiativa tutti i popoli dall’Europa sudorientale al Medioriente e oltre. Di tali popolazioni fecero parte anche gli Ottomani che, come è noto, colonizzarono anche il Nordafrica. Di conseguenza il termine “turco”, venne esteso anche a tutti coloro che fossero di carnagione scura, come i magrebini. Il detto ha origine nel XVI secolo, quando ancora imperversava la pirateria. Nei secoli precedenti, infatti, i monarchi di diversi stati rilasciavano ai comandanti delle navi la cosiddetta “patente di corsa”, da qui corsari.

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Le navi potevano catturare tutti coloro che a loro insindacabile giudizio potessero costituire pericolo, farli prigionieri e condurli in schiavitù; in cambio bisognava pagare una adeguata tassa allo stato. Poiché nel XVI secolo lo scontro con la pirateria mediterranea era divenuto molto rischioso, il vicerè Colonna emise una “prammatica” tesa a incoraggiare e favorire la cattura dei pirati. Tale atto, come ricorda lo storico trapanese Salvatore Costanza nel suo libro su Trapani, «Tra Sicilia e Africa, storia di una città del mediterraneo», esonerava i marinai trapanesi dal pagamento all’almirante (l’ammiraglio), della tassa sulla cattura dei turchi. A quel punto… A cu’ afferra un turcu è so’! Le navi erano incoraggiate ad affrontare i rischi che la guerra di “Corsa” comportava, in quanto tutto il ricavato (la vendita degli schiavi) era esentasse.

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