La Camparìa. Museo identitario di Favignana
I Magazzini della Tonnara Florio diventano museo- Fabio Pace
- 23 settembre 2024
L’anima di Favignana restituita agli isolani. I Magazzini della Camparìa diventano museo e vengono aperti alla fruizione collettiva. É il frutto di un accorto restauro, condotto dalla caparbia committenza privata di Fabio Tagliavia che, in piena aderenza al genius loci, ha riconosciuto ed esaltato ciò che la Camparìa rappresenta per i favignanesi: il loro intimo rapporto con il mare.
La Camparìa fu per più di due secoli, e fino all’ultima mattanza del 2007, simbolo del lavoro e di sostentamento per gli isolani, ma anche luogo di socialità quotidiana e di gestualità ripetute fino a divenire rituali che, accompagnati da canti e preghiere, hanno assunto il senso del sacro.
La Camparìa, con i suoi archi a sesto acuto in pietra arenaria, la prospettiva dei pilastri che, come colonne, la fanno somigliare ad una cattedrale gotica, è più di un magistrale esempio architettonico di archeologia industriale.
Anzi, se il termine può essere pienamente analitico e descrittivo per il vicino Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica, non si attaglia e non racconta pienamente ciò che fu la Camparìa nella realtà quotidiana dei tonnaroti. Da un lato lo stabilimento, il complesso industriale della lavorazione del tonno: le aree di eviscerazione e sezionamento, le vasche di cottura, la zona di confezionamento, gli uffici, l’asilo per i figli dei lavoranti, insomma quel complesso intimamente legato al nome dei Florio e alle loro fortune economiche. Dall’altro lato la Camparìa: luogo di fatica condivisa, che ha dato sostentamento ad intere generazioni, che, nomen omen, “dava da campare” alle famiglie.
Nella Camparìa si lavorava tutto l’anno; qui venivano progettate, realizzate e allestite le reti della complessissima ingegneria del mare che era la tonnara. Chilometri di cime, centinaia di boe ed ancore, che terminavano nella camera della morte. Un apparato che veniva organizzato e preparato a terra, nei 2500 metri quadrati al coperto e nei 3500 allo scoperto della Camparìa, prima che in mare. Il museo raccoglie una selezione di oggetti di lavoro dei tonnaroti, diligentemente recuperati da Fabio Tagliavia prima della fase di restauro, proponendoli nell’allestimento dell’artista Enzo Rinaldi.
Il pezzo forte, destinato a incidere nella memoria dei visitatori è una lancia, raro esempio di ingegneria navale.
Fu costruita per Donna Franca Florio dai mastri d’ascia inglesi intorno alla fine del XIX secolo e utilizzata dalla nobildonna e dai suoi ospiti illustri per le escursioni nelle acque di Favignana. Nel museo alcuni oggetti prenderanno vita e diverranno interattivi grazie alla tecnologia della realtà aumentata.
La Camparìa è destinata a divenire un polo attrattivo culturale; ospiterà mostre, presentazione di libri, rappresentazioni, eventi. Tra le opere della collezione permanente l’installazione sonora dell’artista Alessandro Librio e il documentario “La Camparìa”. Gli spazi della Camparìa si propongono come una fucina creativa per artisti che desidereranno esporre mostre temporanee
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