Marsala: un'anima di terra e una di e mare
La doppia anima della gastronomia lilybetana- Angelo Benivegna
- 27 luglio 2013
Il sole, al tramonto, colora di rosso lo Stagnone, la grande laguna. È sabato, un contadino, appena sceso dal trattore, si avvia verso un piccolo scaro, uno dei tanti moli che da secoli costellano la costa tra la foce del Birgi e Marsala. Quel contadino coltiva vigne e pomodori, aglio e cipolle a ridosso delle dune di sabbia finissima che proteggono i campi. Un mulino a vento spinge l’acqua del pozzo nei filari che corrono paralleli alla battigia. L’acqua di quel pozzo è un po’ salmastra, ma i frutti della terra non sembrano risentirne, anzi la salsedine sembra “insaporirli”.
E poi di acqua ne serve davvero poca a quei pomodori, a quelle cipolle, a quelle vigne. Il contadino coltiva, come prima di lui hanno fatto suo padre e suo nonno e tutti i suoi antenati, sementi selezionate da secoli; viti che da millenni prosperano con pochissima acqua, anche salmastra. Siccagne, le chiama il contadino, un’altra benedizione di questa terra di confine.
Sono le viti che danno vita al Marsala. Arrivato al piccolo molo il contadino monta su una lancia a remi e allontanatosi di qualche centinaio di metri dalla costa comincia a calare i tramagli nella pescosissima laguna dove sembra che tutti i pesci del mare vengano a riprodursi. Dove il pesce sembra non finire mai. Dove pescare è facile.
Domani è domenica, all’alba salperà le reti, porterà a casa il pescato, triglie, saraghi, seppie, sogliole, poca roba giusta quella che serve al pasto domenicale e poi tornerà ai suoi campi.
Il contadino, quando è stagione, andrà a “coltivare” le tante saline che costellano la costa, ed in inverno andrà a pescare nelle fredde, i vasi delle saline a contatto diretto col mare, le spigole ed i cefali e le anguille che serviranno per la cena di Natale.
Nelle notti di gennaio, quando le basse maree chiuderanno per settimane la bocca nord della laguna ed il mare sarà assolutamente calmo, a specchio, quel contadino andrà a lampiare: in piedi sulla piccola lancia scruterà il mare alla luce di un lume a petrolio e armato di una lunga fiocina insidierà seppie e polpi e le grosse spigole venute a banchettare.
Oggi vedere un contadino che cala le reti nelle acque dello Stagnone o che arpioni la notte spigole o seppie è impossibile, perché la laguna è un’area protetta ed il pesce di salina è diventato una rarità, ma il rapporto strettissimo del contadino marsalese col mare rimane tutto e si evidenzia nella gastronomia di questo tratto di costa dove il pesce è cucinato al ragù come se fosse carne, dove la ghiotta du cuscusu di pisci, la zuppa per il couscous di pesce è rossa come un ragù, le boghe, le sarde o gli sgombri sono preparati ripieni come fossero involtini e poi cucinati… a ragù, ed uno dei piatti più tipici è il ragù di gronco, un pesce pescato in abbondanza proprio a ridosso di Isola Lunga che divide lo Stagone dal mare aperto.
Ovviamente con questi ragù di pesce ci si condisce la pasta, magari busiate o gnocculi cavati, tipiche del territorio, insaporite comunque con l’agghia e muddrica, un surrogato del cacio sui maccheroni: si sbriciola della mollica di pane raffermo in granellini finissimi e si condisce con aglio pestato, olio di frantoio e prezzemolo.
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